mercoledì 12 marzo 2014

Bayern e Atletico ai quarti


Con le due sfide di ieri si sono conclusi i primi due ottavi di finale di Champions League.
Come da pronostico a guadagnarsi un posto al sorteggio per i quarti sono stati i campioni in carica del Bayern Monaco, a spese dell'Arsenal, e l'Atletico Madrid, che ha eliminato il Milan.


Le sfide di andata, giocate in trasferta da entrambe le vincitrici, avevano lanciato messaggi importanti anche se molto differenti tra loro.


Dopo la vittoria all'Emirates per la squadra di Guardiola i giochi erano praticamente chiusi: 0-2 e quindi pieno diritto di palleggiare in orizzontale e controllare possesso palla ed energie. Poco più che ordinaria amministrazione per una squadra già pienamente connessa con la mentalità del proprio allenatore.
All'andata il rigore sbagliato da Ozil -praticamente assente sia all'andata sia al ritorno- ad inizio partita aveva annientato psicologicamente i Gunners rendendoli poco lucidi per tutta la durata del match. Diversamente i bavaresi, forti della loro esperienza e consapevoli della loro superiorità, avevano reagito in maniera molto differente all'errore dal dischetto di Alaba, mantenendo la calma e la precisione nel palleggio: precisione nei passaggi oltre il 90% se non sbaglio.
Il pari (1-1) del ritorno è solo l'epilogo di uno scontro che ha trovato il suo vincitore già qualche minuto prima dello scadere del primo round.
Una differenza sostanziale che conferma grosso modo quello che da anni ormai si dice su queste due squadre, nonostante i cambiamenti negli ultimi mesi. I londinesi hanno un gioco frizzante, imprevedibile e in grado di far male a chiunque, ma non riescono a colmare il deficit di maturità e concretezza che li separa dalle migliori squadre d'Europa.
Il Bayern si conferma la squadra più cinica e solida del momento ed è indubbiamente la squadra da battere, non solo perché detiene il titolo, ma anche alla luce della qualità del gioco espresso e dei risultati che sta raggiungendo (il vantaggio sulle inseguitrici in campionato è terrificante).

Nella sfida del Vicente Calderon, invece, la tradizione e il fattore esperienza erano nettamente dalla parte del Milan. Ma forse solo quelli.
Il risultato finale è un 5-1 per i Colchoneros che fa male, ma non necessariamente rispecchia ciò che si è visto nell'arco dei 180'. I rossoneri pagano. Pagano particolarmente lo 0-1 di San Siro. Quello sì che è stato un risultato bugiardo perché, soprattutto nel primo tempo, i padroni di casa hanno schiacciato nella loro metà campo gli uomini di Simeone, senza però riuscire a trovare la via del gol.
La sconfitta è il giusto prezzo da pagare quando all'interno della stessa partita si accende e si spegne l'interruttore dell'intensità con quella frequenza e magari si finisce per spegnerlo una volta per tutte a metà ripresa. Proprio come hanno fatto i rossoneri nelle ultime uscite.
Al ritorno paradossalmente per il Milan sembrava esserci qualche speranza in più perché se la partenza è quella vista: pronti via, palla persa da Essien e Diego Costa va in porta su assist di Koke (tanto per cambiare), allora non c'è più niente da perdere e il 4-2-3-1 può sfoggiare tutto il suo potenziale offensivo. Dopo il vantaggio avversario, infatti, si è visto il miglior Milan. Molto simile a quello che per mezz'ora abbondante ha comandato il gioco al Meazza.
Fino al gol di Arda Turan, che ha comprensibilmente spento le speranze di Seedorf e dei suoi, infatti, si è visto un Milan volenteroso, determinato, ma forse una definizione adatta mi riesce troppo difficile da trovare. Mi verrebbe da chiamarlo semplicemente Milan. Quello che praticamente da sempre riesce a farsi rispettare in Europa. Il "Milan europeo".
Certamente un fattore fondamentale è stata l'inesperienza della squadra avversaria nel giocare e gestire queste partite e situazioni. Con altri avversari probabilmente la differenza di valori in campo si sarebbe amplificata ulteriormente, non si sarebbe assottigliata fino a sparire, come di fatto è successo.

Il Milan purtroppo questa stagione sta pagando i dividendi di una politica societaria di austerità secondo me gestita fin troppo male, ma su questo argomento tornerò, forse a più riprese, tra qualche tempo. Oggi mi viene da dire "purtroppo" perché per un motivo o per un altro era l'unica squadra italiana ad aver passato i gironi di Champions e logicamente è uscita contro una squadra che aveva molte qualità in più da mettere in gioco.
L'Atletico Madrid ha iniziato questa competizione da finta Cenerentola, ma non vuole smettere di vivere il suo sogno. Intanto già si trova nell'urna dei quarti, dove ad attenderlo ci sarà inevitabilmente un avversario di ben altro spessore (eccetto un eventuale Olympiacos, vedremo) e questa è già una grande soddisfazione per una squadra che nella sua storia recente ha dominato in Europa League. Ma la Champions ha un altro fascino, è un'altra storia.

1 commento:

  1. Poco da dire, questo Milan quasi in smobilitazione non aveva alcuna speranza contro l'Atletico. La bella manovra e le occasioni mancate nella gara di andata, nonché le dignitosissime fasi di gioco mostrate al Calderon dopo lo svantaggio iniziale, sono state il massimo che possa offrire una squadra modesta (modesta per i canoni internazionali, beninteso): giocare bene, sfiorare il gol ma non farlo, e poi perdere... E' il destino dei mediocri, nessuna sorpresa. Dopodiché, resto convinto che a questo Milan i valori europei non manchino: ha quattro nazionali azzurri e tutti meritevoli di esserlo, per quanto non stiano attraversando la loro miglior stagione (ed è comprensibile), stranieri non eccelsi ma di discreto rendimento, se messi nelle migliori condizioni tecniche e tattiche (mi riferisco in particolare a Muntari, De Jong, Robinho e persino Honda) e una vecchia gloria ancora vogliosa di spremersi (Kakà), più qualche bel giovane in rampa di lancio (Cristante). Paga una difesa da zona retrocessione, la mancanza di almeno due campionissimi di statura internazionale che possano affiancare Balotelli, una situazione societaria caotica che si riflette sulla guida tecnica, passata da un Allegri spaesato e a corto di idee a un Seedorf, diciamolo, assolutamente inadeguato per certi palcoscenici. Dici bene sostenendo che l'austerity societaria sia stata gestita male: lo stesso Atletico Madrid, ma anche piccole realtà italiane, dimostrano che in ben altro modo è possibile fare le nozze coi fichi secchi finanziari.

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