sabato 22 marzo 2014

La polarizzazione del calcio europeo


Quest'anno più che mai le competizioni continentali stanno regalando spettacolo ed emozioni. Alle porte dei quarti di finale della Champions League il messaggio che arriva dalle squadre qualificate sembra essere:"Il meglio deve ancora venire".

Nella massima competizione le migliori otto della classe sono le stesse che hanno vinto i rispettivi gironi. Come dire... nessuna sorpresa. Certo. Ma in Champions nessuna sorpresa è, di fatto, una sorpresa.
La stagione scorsa un Malaga fortemente ridimensionato sul mercato e negli effettivi, ma guidato dalla saggia mano de "El Engenero" Pellegrini e dal genio di Joaquín Sanchez (oggi alla Fiorentina), si era portato fino ai quarti e si apprestava a porsi anche tra le migliori quattro, se solo quei cinque minuti di ordinaria follia, tra sviste arbitrali e svarioni difensivi, non avessero aperto la strada ai terribili ragazzini del Borussia Dortmund.
Andando a ritroso negli anni troviamo l'Apoel Nicosia e il Tottenham che si arresero solo ai quarti, entrambe eliminate per mano del Real Madrid.
Anche la semifinale giocata dallo Schalke 04 nel 2011 aveva fatto storcere il naso ai più.
Si potrebbe guardare indietro anche di una decina d'anni, quando in quel di Gelsenkirchen la finale vedeva contrapposto al Porto di Mourinho il miracoloso Monaco di Deschamps.
Questa è una competizione che ha sempre permesso alle formazioni meno dotate tecnicamente ma ben organizzate di mettersi in mostra e giocare il ruolo della cenerentola, soprattutto alla luce di defezioni da parte di squadre molto quotate inizialmente ma giunte scariche e senza energie nella fase clou della stagione.

Doloroso sottolineare l'assenza di squadre italiane ai quarti di finale di questa competizione, ma la realtà è questa, va accettata e, soprattutto, a guardare il tabellone e le squadre rimaste, è ampiamente comprensibile. Sembra logico come 2+2 = 4 che tra le migliori otto per la Serie A non c'è posto.
Non c'è posto perché la Juve non doveva giocare alla Turk Telecom Arena in quelle condizioni. S'è detto. 
Non c'è posto perché il Napoli ha fatto comunque dodici punti ma la sfortuna ha detto che non basta. S'è detto.
Non c'è posto perché il Milan non era la squadra che poteva rappresentare l'Italia in Europa quest'anno. S'è detto anche questo e tanto altro.
Rimpianti di una stagione girata male. Cambiamo aria, anzi area.

Sono rimaste tre squadre spagnole, due tedesche, altrettante inglesi e il Paris Saint Germain rappresenta la Francia.
Questa è la fotografia di ciò che è stato il calcio a livello continentale negli ultimi anni.
La Spagna comanda il Ranking Uefa e segna addirittura cinque presenze se contiamo anche l'Europa League. I due colossi del calcio mondiale Real Madrid e Barcellona sono accompagnati dall'impavido Atletico Madrid di Simeone, e il semplice fatto che in campionato quest'ultimo tenga testa alle due squadre che tra poco si affronteranno nel Clasico fa capire il livello di competitività anche della seconda squadra della capitale spagnola.
Il campionato inglese segue nel Ranking ma porta due squadre ai quarti, così come la Bundesliga, che però ha nel Bayern una certezza ben più solida di quanto non lo siano United e Chelsea per il calcio britannico. E mentre la Germania spera di raggiungere l'Inghilterra, l'Italia più che cercare di inseguire i tedeschi dovrebbe guardarsi le spalle perché insieme al Portogallo, alle porte, c'è la Francia con il Paris Saint Germain che cerca in tutti i modi di ritagliarsi un posto d'onore sul palco delle grandi a suon di prestazioni roboanti. Il Bayer Leverkusen incontrato agli ottavi di certo non era un avversario ostico, ma è stato letteralmente polverizzato da Ibra e compagni.

Solo quattro nazioni rappresentate, dunque. Otto squadre nettamente superiori alle altre. Una competizione che a guardarla oggi dovrebbe essere bollata come off-limits per molte squadre (per quanto riguarda il  raggiungimento di traguardi importanti). Penso al Porto, allo Shaktar e al Benfica, formazioni estromesse con prepotenza ai gironi in questa stagione. Fino a qualche anno fa potevano spaventare anche la futura vincitrice della Champions, ma oggi farebbero da sparring-partner ad un Bayern o un Barcellona.
Quest'anno la "piccola" che sembrava destinata a fare qualcosa di più era l'Olympiacos. Il Manchester di questa stagione è di un'altra consistenza paragonato a quello Sir Alex Ferguson, ma esperienza e attitudine di campioni come Van Persie, Rooney e Giggs hanno permesso di cancellare i primi novanta (pessimi) minuti di una sfida che dura giusto il doppio e far capire a tutti che oggi non c'è posto per il piccolino, neanche se è una stagione da anno zero (spero che Mazzarri non legga questo articolo...).
Stiamo assistendo ad un grande ridimensionamento che interessa moltissime squadre ed interi campionati, come quello italiano, ma anche quello portoghese e quello ucraino.
Non voglio escludere l'immenso potere economico di Bayern, Real, Chelsea e altri dall'equazione, ma questa è una differenza che c'è sempre stata, era tangibile anche prima, perché le cifre sborsate e i conti sul bilancio erano visibili per tutti. Ma il 9-2 del Madrid sullo Schalke, il 6-1 del PSG sul Leverkusen e il 5-1 dell'Atletico sul Milan non possono passare inosservati e dimostrano innanzitutto che molti grandi giocatori sono tali anche prima di essere pagati cento milioni, e basterebbe citare un qualsiasi Diego Costa o Marco Reus per dimostrarlo.
A questo va aggiunto che la squadra attorno ad un campione deve essere costruita come si deve, e non possiamo limitare il nostro campo visivo ai cinque-sei-sette giocatori di contorno, dobbiamo estendere il tutto fino all'allenatore, il suo staff, la dirigenza e i tifosi.
Solo una situazione societaria stabile può fare di un club un grande club, ma questo messaggio pare non abbia raggiunto proprio tutti.

2 commenti:

  1. Ti do ragione sullo spettacolo garantito da questa Champions, però purtroppo, e lo dici correttamente nel prosieguo dell'articolo, andando oltre la superficie ci si accorge che si sta creando una élite stabile di squadre irraggiungibili per strapotere economico e, di conseguenza, tecnico, e ciò non è un bene per l'appeal complessivo della manifestazione. Onore a club come Borussia e Atletico che, con un bacino finanziario inferiore a quello, ad esempio, del PSG, hanno saputo mettere in pista compagini ad altissimo tasso di competitività internazionale, ma un torneo che porta alle battute conclusive sempre le stesse squadre alla lunga diventerà insapore come la nostra Serie A, che un tempo era apprezzata in tutto il mondo anche perché sovente vi trovavano gloria realtà esterne al calcio metropolitano, mentre da qualche lustro lo scudetto si sposta sempre sull'asse Juve - Milan - Inter. Sai che palle. Quand'ero giovincello, ricordo exploit in Coppa Campioni di formazioni come Steaua, Goteborg (nell'86 sfiorò la finalissima), Aston Villa, Anderlecht, Monaco, un Galatasaray semifinalista nell'89, la Sampdoria finalista... Anche all'epoca c'erano le "grandi storiche", superiori come soldi e come qualità di organici, ma era ancora possibile sognare di sgambettarle. Ora non più: come hai detto tu, la prodezza dell'Olimpiacos, oltre a esser rimasta fine a se stessa, ha trovato giustificazione in un Manchester meno "super" di quello di altre recenti stagioni. Eppure, i greci sono usciti ugualmente, quindi...

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  2. Un altro dato preoccupante è vedere come in Italia la Juventus stia non solo dominando agevolmente il campionato, ma anche monitorando da vicino i giovani italiani (Troppo? praticamente sono tutti suoi), non che sia una scelta sbagliata, ma se poi le altre squadre rimangono a mani vuote non c'è da stupirsi.
    Lo stesso si può dire della Germania: oggi in Bundes il Bayern non ha vinto il campionato per poco, e siamo a fine Marzo.
    In Spagna pare sia consuetudine considerare il campionato come separato tra le grandi e le "altre", ma pare che da altre parti non sia molto diverso, non solo... le "altre" di Spagna in Europa possono spingersi ben oltre quelle inglesi, tedesche, italiane ecc.

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