mercoledì 28 maggio 2014

Paradiso - Inferno e ritorno.

La linea di confine tra il successo e rovina può essere davvero molto sottile, anche per un calciatore, e questo, Iker Casillas, portiere del Real Madrid fresco di vittoria in Champions League, lo sa bene.
Un anno e mezzo passato tra panchine, mormorii, partite di coppa e trionfi. E' successo praticamente di tutto, al punto che alcuni rumors di mercato lo davano in partenza, per un futuro da ricostruire lontano dal Santiago Bernabeu. Chiacchiere da fantamercato, ovviamente, ma trascendiamo.
Prima di passare ai fatti serve un po' di contesto.
Il Real è alla terza stagione dell'era Mourinho e ha ufficialmente spezzato l'egemonia del Barcellona vincendo il campionato, ma la temporada successiva è iniziata tra alti e bassi con pochi sono giocatori che rendono come potrebbero e troppi scontenti o delusi. Lo spogliatoio rischia la spaccatura tra quelli che seguono lo Special-One e quelli che sono in totale rottura con lui. Tra questi ultimi dovrebbero esserci lo stesso Casillas, che non sta giocando una gran stagione, e l'altro pilastro della difesa: Sergio Ramos. Alcuni media dicono che i due, consci del grande rispetto che il club nutre nei loro confronti, siano andati direttamente da Florentino Perez a chiedere la destituzione del tecnico. A me sembra assurdo, ma sui giornali si fatica a trovare una verità assolutamente indiscutibile.
L'episodio che segna una prima svolta accade a fine gennaio 2013, nella sfida di Copa del Rey tra Madrid e Valencia. Al quarto d'ora sul traversone da calcio piazzato avversario Casillas esce ma non blocca la sfera, nel frattempo Arbeloa, impegnato a contrastare il gigantesco Cissokho, vorrebbe calciare via il pallone per evitare guai peggiori. Ci riesce, ma nel movimento finisce col calciare anche la mano del suo portiere che inevitabilmente deve essere sostituito. L'infortunio è più grave del previsto, siamo nell'ordine dei 40 - 60 giorni. Mourinho non si fida del giovane Antonio Adàn. Certo. Aggiungo una domanda io: quale migliore occasione per abbattere una figura a dir poco ingombrante e più importante dello stesso Mou all'interno del club e zittire una volta per tutte tutti quelli che gli remano contro?.
Ecco che torna alla casa base Diego Lopez, cresciuto nel Castilla, passato a difendere la porta del Villarreal, retrocesso con Giuseppe Rossi e compagni, e infine trasferito a Siviglia. Ma la chiamata dei blancos non si respinge e torna a difendere la porta del Real Madrid.
Le prestazioni del longilineo portiere di Paradela sono a dir poco sorprendenti, ma paradossalmente rischia di diventare un problema perché prima o poi il beniamino dei tifosi uscirà dalla degenza, e allora si dovrà scegliere. L'allenatore portoghese, sagace e cinico come come solo lui sa essere, non si fa scrupoli: Lopez non ha sbagliato nulla, ha salvato la squadra più volte e resta titolare. Iker resta in panca. Incredibile: il portiere delle Furie Rosse e del Real Madrid, capitano di entrambe le formazioni, lasciato in panchina come un comunissimo secondo portiere.
La stagione si conclude senza successi per i galacticos, eccezion fatta per la Supercoppa di Spagna di agosto, già dimenticata da tempo.

Per Casillas ci sarebbe da giocare la Confederations Cup, così la palla passa a Del Bosque che ha più volte ribadito che Iker è il portiere e il capitano della Spagna e quindi giocherà.
Con l'addio di Mourinho e le conferme del ct il portiere di Mostoles sembra poter tirare un sospiro di sollievo, tant'è vero che all'esordio della Roja è proprio lui a difenderne i pali. Con la seconda partita cambia qualcosa e riemergono vecchi fantasmi: un po' perché il Barcellona ha stravinto la Liga subendo pochi gol, un po' perché grazie a ottime prestazioni Victor Valdés, il portiere di riserva della Spagna, si è guadagnato una maglia da titolare per la seconda partita. Come se non bastasse Del Bosque nella terza sfida manda in campo Reina, il terzo portiere, a dimostrazione che l'intenzione era quella di lasciare spazio a tutti i convocati.
Nelle sfide a eliminazione diretta torna titolare Casillas e ogni cosa sembra essere tornata al proprio posto. Falso.
Il problema è sempre e comunque con il club. E' paradossale.
Finita la Confederations e il periodo di vacanze si torna al campo d'allenamento di Valdebebas, dove già da qualche giorno si seguono gli ordini di mister Carlo Ancelotti, il quale sa bene che per il ruolo di portiere non si può attuare un comune turnover perché c'è bisogno di continuità, quindi uno solo tra Casillas e Diego Lopez sarà il titolare, l'altro va in panchina. Poi l'illuminazione del buon Carletto. La Liga comincia presto (18 Agosto), e per quella data Casillas avrà appena un paio di settimane di preparazione alle spalle mentre l'altro ha già fornito ottime prestazioni nella pre-season: Diego Lopez titolare. Ma Iker è Iker e lasciarlo un altro anno in panchina senza alzare un polverone è impossibile, quindi giocherà le partite di Champions e Copa del Rey. "Casillas per la Decima" diranno i giornali spagnoli. Una decisione difficile da capire e impossibile da spiegare. L'unica cosa da fare è fidarsi di Ancelotti.
Andiamo alla prima di Champions League. E' il grande momento. E' il grande ritorno in campo con la maglia del Real Madrid dopo otto mesi, nella bolgia della Turk Telecom Arena di Istanbul. Casillas torna in campo come annunciato dal suo allenatore e il madridismo è in festa, ma le complicazioni sono appena dietro l'angolo. Dopo pochi minuti Iker esce in presa alta su un traversone innocuo e blocca il pallone, Sergio Ramos è in marcatura in area e non vede il suo portiere. Nonostante il tentativo di evitarlo gli frana addosso. Casillas è costretto ad uscire e lasciare il posto a Diego Lopez. Il colpo non è stato violento, ma Iker ha voluto ugualmente il cambio e la sua partita è finita lì.
Il linguaggio del corpo, lo sguardo truce con il quale siede in panchina, tutto in questa fase della sua carriera lascia presagire un totale perdita di fiducia nei propri mezzi e nelle proprie convinzioni. Molti sono convinti che quell'infortunio di gennaio abbia segnato un punto di svolta non solo nella sua carriera, ma anche nella sua vita. Ha fatto sì che una bandiera del Madrid come Casillas abbia perso il gusto di giocare per la sua squadra. Difficile da accettare.

E' decisamente il periodo più difficile della sua carriera, che è iniziata vincendo due Champions League in tre anni, da giovanissimo, e l'ha visto percorrere la strada verso la titolarità e la fascia da capitano a suon di parate e professionalità.
Ad ogni modo Iker, nella stagione appena conclusasi, ha confezionato le sue presenze nel girone dimostrando che il talento non gli manca. Con l'inizio della Copa del Rey ha trovato anche un discreto minutaggio.
Poi ci sarebbe l'episodio di ottobre quando, tornato in nazionale e tornato a sedere in panchina, è stato pizzicato dalle telecamere mentre parlava con il collega Reina. Così alcuni presunti scienziati e cultori d'alta classe di labiali dei calciatori avrebbero interpretato le parole del portiere del Napoli, il quale dovrebbe aver suggerito a Casillas, senza troppi giri di parole, di andare via da Madrid. Poche ore dopo sono arrivate furiose smentite su tutta la linea da parte dell'ex Liverpool. Avrebbero dovuto spiegare a Reina che in un periodo così qualunque cosa riguardante Iker sarebbe diventata una notizia più o meno aderente alla realtà dei fatti.

Ancelotti rimane fermo e va per la sua strada, non cambia decisione, quindi Casillas ha continuato a giocare solo le coppe. In realtà il Real va avanti in tutte le competizioni, quindi le presenze non sono così poche. Con le vittorie nelle semifinali di Copa del Rey contro l'Atletico è arrivata anche la qualificazione alla finale. Senza subire un singolo gol.
In Europa c'è stato prima lo Schalke 04, che non ha destato preoccupazioni, poi è stato il turno del Borussia Dortmund che si è sbloccato solo nella gara di ritorno ma per lo più ha sparato a salve nell'arco dei 180', e quando ha calciato con decisione le mani di Iker hanno bloccato la strada.

Arriviamo così alla finale di Copa del Rey. La porta di Casillas è ancora inviolata, ma di fronte c'è il Barcellona, i rivali di sempre, e promettono battaglia. La tensione è alta, la posta in gioco altissima, il portiere del Real è lì pronto a difendere i suoi pali, molto più sereno rispetto ai mesi precedenti. Sa che nella fase clou della stagione la sua esperienza potrebbe essere fondamentale, e non è disposto più a tirarsi indietro. Il Barcellona in finale, ma come in tutta la stagione, ha grandi difficoltà nell'attaccare una difesa mobile e al contempo ben organizzata, a maggior ragione se i blancos sono in vantaggio sin dalle prime battute e non devono scoprirsi. Di tiri pericolosi non ne arrivano, eccetto una bordata di Bartra dai trenta metri poi spedita in angolo. Passa un quarto d'ora e su un altro calcio d'angolo è proprio Bartra a saltare più in alto di tutti, sovrasta Pepe e incorna. Casillas si lancia. Occhi fissi sul pallone; sa che non può arrivarci. Guarda il palo. Proprio lì, in quel punto, inarrivabile, va a sbattere il pallone e si insacca. Primo gol subito in Copa e uno a uno. Conosciamo poi il gran gesto atletico di Gareth Bale che spazza via lo stesso Bartra e consegna il trofeo nelle mani del suo capitano. Casillas può alzare un'altra coppa e avrà l'ennesima standing-ovation in Plaza de la Cibeles. Il suo pubblico non ha mai smesso di amarlo.

Nella doppia semifinale contro il Bayern ci sono un paio di buoni interventi da segnalare e poco altro. Sicuramente è un gran bel risultato uscire con zero reti subite da questa doppia sfida, in più c'è l'ambita qualificazione alla finale di Lisbona.

Dunque novanta minuti separano il Real Madrid dalla bramata Decima. Novanta minuti separano Casillas dalla sua terza Champions League, la prima da capitano. Stavolta l'avversario è l'Atletico Madrid per il più crudele derby cittadino.
Entrambe le squadre sono all'ultima partita della stagione e le energie rischiano di venir meno: i ritmi sono bassi e le occasioni non sono tantissime, ma bisogna saperle sfruttare. Dopo un contropiede sciupato malamente da Bale è il turno dei Colchoneros, che su azione da calcio d'angolo creano una gran mischia in area, sugli immediati sviluppi la palla viene alzata nel cuore dell'area. Un impavido Casillas vorrebbe uscire per fare pulizia, ma non ne ha il tempo. La finale è spregevole, non ti permette di pensare e ricrederti ed uscirne illeso. Godìn batte Khedira nello stacco e manda il pallone verso la porta. Sembra innocuo, ma Casillas è fuori posizione e viene scavalcato. A nulla servirà il disperato volo per cacciare via la sfera: uno a zero e la colpa è del portiere. Poi la partita più o meno l'abbiamo vista tutti. Il risultato lo conosciamo, ma per Iker è stata una sorta di partita nella partita. Altri tiri da quelle parti non sono arrivati, ma comunque è stato un calvario fino al gol di Ramos. Cosa sia passato nella sua testa per un'ora abbondante di gioco è un punto interrogativo. E cosa sarebbe successo se fosse finita 1-0? Quale destino sarebbe toccato a quell'uomo che è stato tanto amato dai tifosi e poi l'ha combinata grossa quando più contava?. 

La storia di questo gioco è segnata anche, e soprattutto, da episodi, così come lo è stata l'epopea vissuta dal "nostro" Iker Casillas negli ultimi diciotto mesi. La storia è stata scritta, la Coppa dei Campioni è stata vinta ed era la decima per il club e la terza per questo ragazzo. E' una storia complessa e avvincente che ha premiato Casillas non solo con le vittorie sul campo, ma anche con le vittorie sul piano personale e psicologico

2 commenti:

  1. Sembrerà banale, forse superficiale, ma il senso della vicenda Casillas è tutto racchiuso nell'ultimo paragrafo del post: la storia del calcio è spesso (non sempre, attenzione) legata ad episodi. Iker rischiava di passare agli annali come colui che, con la sua papera, aveva causato la mancata conquista della "decima". Ora, invece, il ricordo del suo erroraccio magari rimarrà, ma risulterà annacquato dalla gioia madridista e dal trascorrere del tempo. Non è un dettaglio da poco, perché è vero che la storia e gli almanacchi alla lunga rendono giustizia ai meriti di ogni calciatore, ma fino a un certo punto. Pensiamo ad esempio, rimanendo in ambito portieri, a personaggi come Zenga e Zubizzarreta: il primo ottimo, il secondo buon portiere, due grandi carriere, ma nel ricordo di questi due campioni, ancora oggi, assumono un peso importante due errori commessi in circostanze delicatissime (Caniggia per Zenga, Nigeria per Zubi). Questo per dire che, sì, Casillas l'ha scampata bella...
    Sulla gestione portieri da parte di Ancelotti difficile dire qualcosa di definitivo: un tempo sarebbe stato assurdo, mentre al giorno d'oggi, col moltiplicarsi degli impegni, le grandi squadre giocano quasi due campionati in un anno (torneo nazionale da una parte, coppe varie dall'altra) e quindi il turn over non è scandaloso neppure per la figura del portiere che, una volta, aveva assoluta necessità di certezze (e quindi di titolarità costante). Ciò vale a maggior ragione nel caso di un mostro sacro come Iker, che non si può accantonare a cuor leggero e va gestito coi piedi di piombo.

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    1. Sarò sincero: gli episodi che hai citato mi mancano e spero di trovare una giustifica nella mia età, ma mi documenterò in ogni caso.
      Sì, veramente gli è andata bene. Il bacio a Sergio Ramos e l'abbraccio con Marcelo dopo i rispettivi gol sono gesti più che eloquenti a riguardo.

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